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IL BAMBINO DI PLATONE

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Psicologia e Filosofia a confronto sull’origine e lo sviluppo della cognizione morale

Francesco Margoni
Hanno contribuito al volume: Luca Surian, Dario Bacchini, Simona Caravita, Sonia Cosio, Grazia De Angelis, Carla Sabatti

Mosso da spinte biologiche e vincolato da norme sociali stabilite culturalmente, l’essere umano rappresenta un oggetto di studio affascinante e complesso. Oggi, lo sforzo collaborativo di molti ricercatori impegnati nello studio della psicologia umana permette di affrontare con rigore scientifico un ambito di conoscenza, temi e questioni di profonda rilevanza filosofica, favorendo così un proficuo dialogo tra discipline.

Siamo naturalmente predisposti a comprendere le nozioni di autorità, giustizia, equità, bene e male, nozioni su cui ruota l’organizzazione delle nostre società? Come possiamo spiegare il comportamento aggressivo e immorale? Quali sono le basi psicologiche della religione?

Il libro offre un’introduzione che intende essere di facile fruizione e stimolare nel lettore la curiosità per i temi trattati e la volontà di approfondirli.

Informazioni Aggiuntive

CODICE PRODOTTO SF114
Autore Francesco Margoni
Anno 2018
Pagine p. 172
Editore LEDUETORRI
Collana Scuola Filosofica
ISBN 978885720114

 

Categoria:

Descrizione

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Indice degli abstract

Abstract capitolo I – Francesco Margoni

Obbedienza all’autorità e valori morali

Alcune ricerche condotte su bambini nella prima infanzia, fase critica in cui è possibile, come nelle indagini sul nostro passato evolutivo, individuare importanti indizi circa l’architettura della mente umana, hanno riscontrato una precoce capacità di comprendere alcune regole proprie del rapporto sociale tra individui dominanti e individui subordinati. Già verso l’anno e mezzo il bambino è in grado di distinguere tra una forma di dominanza o potere basata sull’uso della forza fisica e della violenza e una forma di dominanza, che chiamiamo leadership o autorità, caratterizzata invece dalla spontanea tendenza degli individui subordinati a rispettare come legittima o giusta la fonte del potere e ad assecondarne la volontà. I bambini si aspettano che, in assenza della figura di potere, i subordinati obbediscano all’autorità ma non al dominante che prevale usando la forza fisica. Mentre l’autorità viene obbedita perché legittima, il dominante che usa la violenza come unico mezzo d’imposizione sul prossimo non ha la capacità di instillare un senso di dovere morale nel subordinato.

Parole chiave: dominanza sociale, autorità, infanzia, evoluzione, sviluppo cognitivo.

Abstract capitolo II – Luca Surian

Le origini e lo sviluppo dei giudizi sulla giustizia distributiva

In questo capitolo sono presi in esame molti lavori sperimentali, alcuni dei quali condotti nel nostro laboratorio, con lo scopo di affrontare un problema centrale per la psicologia morale e dello sviluppo: quali sono le origini e come si sviluppa, negli esseri umani, la capacità di formulare giudizi sulle distribuzioni di risorse e sugli agenti che compiono tali distribuzioni. Esiste ora un’interessante base di dati, accumulata negli ultimi dieci anni, sulle capacità dei bambini nell’età prescolare e nella prima infanzia. Questi risultati suggeriscono che la capacità di assegnare una valenza positiva o negativa alle azioni distributive compiute verso terzi emerge molto prima di quanto affermano le teorie classiche, di tipo empirista o costruttivista, sullo sviluppo morale, e la sua acquisizione non può essere spiegata dai meccanismi evolutivi proposti da tali teorie. I dati disponibili sembrano più in accordo con alcune recenti teorie evoluzioniste che vedono le competenze di base, manifestate nelle prime valutazioni sull’equità distributiva, come il risultato di un adattamento filogenetico funzionale alla promozione dell’attività cooperativa.

Parole chiave: giustizia distributiva, sviluppo morale, giudizio morale, sviluppo cognitivo, adattamento biologico.

Abstract capitolo III – Francesco Margoni

Lo sviluppo dei concetti morali

Il filosofo medioevale Pietro Abelardo viaggiava a dorso di mulo quando fu sorpreso da una freccia che volava sopra la sua testa. Scoccata da un incauto cacciatore, la freccia avrebbe potuto colpirlo. Nel riflettere sui risvolti morali dell’accaduto, Abelardo si chiede se chi provoca accidentalmente un danno sia moralmente condannabile. Per Abelardo è colpevole solo chi, agendo, ha intenzioni malvagie. Le ricerche in psicologia mostrano che i bambini iniziano a giudicare sulla base di un esame delle intenzioni verso i cinque anni. I bambini più piccoli, invece, quando interrogati, rispondono che chi danneggia gli altri è condannabile indipendentemente dalla qualità delle sue intenzioni. Una spiegazione del cambiamento nel ragionamento dei bambini prevede che siano i concetti morali di base come buono e cattivo a subire una trasformazione. Il pensiero espresso dai bambini piccoli rifletterebbe concetti diversi e meno maturi rispetto a quelli posseduti dai bambini più grandi. Una spiegazione alternativa prevede che il concetto per cui è colpevole chi ha intenzioni malvagie sia presente già nei bambini più piccoli, ma che questi non siano in grado di formulare dei ragionamenti che riflettono il loro repertorio concettuale perché una serie di abilità necessarie all’espressione del pensiero non sono in loro ancora sufficientemente sviluppate.

Parole chiave: giudizio morale, sviluppo cognitivo, concetti, intenzioni, teoria della mente.

Abstract capitolo IV – Grazia De Angelis

La comprensione della distinzione tra norme morali e non morali

Nel V secolo a.C., il pensiero greco propone una distinzione, quella tra nomos (legge dello stato) e physis (legge di natura), che ispira, fino ad arrivare ai giorni nostri, numerosi pensatori e dottrine filosofiche. Questo dualismo fa la sua comparsa nel secolo scorso anche in ambito psicologico, trovando una prima espressione nella concettualizzazione di morale post-convenzionale, proposta da Lawrence Kohlberg. Sarà però la teoria degli ambiti, introdotta da Elliot Turiel negli anni ’80, ad offrirne la teorizzazione più approfondita. Tale approccio condivide l’impianto teorico di base proposto da Kohlberg, ma propone una visione più complessa dell’esperienza sociale e delle norme che la regolano, sostenendo che le norme considerate morali possano essere ricondotte solo in parte a quest’ambito. Il capitolo approfondisce la comprensione della distinzione tra ciò che è morale e ciò che non lo è, alla luce dei principi della teoria degli ambiti, soffermandosi su tre questioni fondamentali: quanti ambiti è possibile distinguere e quali caratteristiche li identificano; quali interazioni sociali nella prima infanzia consentono l’emergere della capacità distinguere questioni morali e questioni non morali; e, infine, come si sviluppa la comprensione nei diversi ambiti, a partire dall’infanzia fino ad arrivare alla prima età adulta.

Parole chiave: morale post-convenzionale, ambito morale, ambito convenzionale, ambito personale, ambito prudenziale.

 Abstract capitolo V – Carla Sabatti e Simona C. S. Caravita

Dal giudizio morale al comportamento immorale: il caso della condotta aggressiva

La relazione tra moralità e condotta aggressiva ha molte sfaccettature. Da un lato spesso le azioni aggressive sono anche immorali, dall’altro, per comprendere e spiegare correttamente le azioni aggressive, è utile tenere in considerazione dimensioni di pensiero, emotive e motivazionali. Anche i fattori di contesto svolgono un ruolo importante nel determinare i comportamenti aggressivi e lo sviluppo morale. Il fenomeno del bullismo in età evolutiva è un’occasione di studio delle relazioni tra moralità e comportamento sociale. La condotta prepotente del bullo, infatti, si connota come un’azione intrinsecamente immorale, perché lede il diritto di ciascun bambino di crescere in contesti sicuri, minacciandone la libertà e il benessere psicofisico. In questo capitolo affronteremo il tema del rapporto tra funzionamento morale e condotta aggressiva assumendo il bullismo come modello per la comprensione di queste relazioni, alla luce dei risultati della ricerca psicologica in quest’ambito. Il quadro che emerge evidenzia che solo l’adozione di un approccio multidimensionale allo studio della moralità consente di comprendere perché il giudizio morale e la decisione di come sia giusto comportarsi non siano sufficienti a spiegare le azioni d’ognuno.

Parole chiave: condotta aggressiva, distorsioni cognitive, giustificazioni morali, emozioni morali, moralità di gruppo.

Abstract capitolo VI – Dario Bacchini

Moralità e religione: il contributo della psicologia

Il rapporto tra religione e moralità è un tema che ha attraversato il dibattito filosofico nel corso della sua millenaria storia. Nell’ultimo secolo la ricerca psicologica ha indagato i processi alla base sia del sentimento religioso sia del pensiero morale, influenzando in modo rilevante le nostre idee sul tema. I primi contributi di matrice psicoanalitica avevano identificato sia il sentimento religioso che la moralità umana come delle costruzioni culturali con la funzione di inibire l’espressione dei desideri primitivi degli esseri umani ed il loro potenziale distruttivo. In tempi più recenti, invece, i contributi provenienti dalla ricerca psicologica, influenzati soprattutto dal paradigma evoluzionistico, sono volti ad individuare la funzione adattiva sia della religione che della moralità, non più viste solo come costruzioni culturali ma anche espressione di meccanismi e processi innati.

Parole chiave: religione, fondamenti morali, sacralità, approccio cognitivo-evolutivo, psicologia della religione.

Abstract capitolo VII – Sonia Cosio

Pedagogia e morale in Kant. Come si impara a sentire il rispetto

Il capitolo ripercorre le tesi della Pedagogia kantiana alla luce della filosofia morale di Kant, al fine di mettere in evidenza lo stretto legame tra le due. Soltanto leggendo unitamente le due opere e cercando di comprendere nell’insieme il significato della prospettiva kantiana, infatti, è possibile cogliere il senso profondo della proposta del filosofo di Königsberg, che come vedremo ruota intorno al concetto chiave del rispetto. Il rispetto è l’obiettivo della teoria kantiana: la pedagogia ideale, infatti, secondo il filosofo è quella che mira a rendere le persone consapevoli e ha come punto di arrivo l’insegnamento morale. Tale insegnamento, tuttavia, non è da intendersi come l’apprendimento di una teoria morale tra le tante, bensì come la scoperta del valore intrinseco e straordinario di ciascuna persona.

Parole chiave: pedagogia, etica, rispetto, legge, persona.

Francesco Margoni è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. È laureato in psicologia e in filosofia, e ha conseguito un dottorato di ricerca in psicologia dello sviluppo. Si interessa principalmente di indagare quali sono le concezioni di autorità e giustizia possedute dai bambini nella prima infanzia, quali meccanismi cognitivi spiegano l’acquisizione e lo sviluppo nell’individuo dei concetti morali e come il giudizio morale cambia con l’invecchiamento.

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